La chiusura percutanea dell'auricola sinistra

 

 E’ una procedura di cardiologia interventistica, che ha lo scopo di prevenire eventi di ictus cerebrali, dovuti alla possibile formazione di trombi che nella maggioranza dei casi si sviluppano in un recesso dell’atrio sinistro, chiamato auricola, durante gli episodi di fibrillazione atriale.

Qual è la causa dell’occlusione dell’auricola?

La fibrillazione atriale è la forma più comune di aritmia cardiaca, si stima che circa il 2% della popolazione mondiale ne sia affetto. La complicanza più temibile è la formazione di trombi, che nella maggioranza dei casi derivano dall’auricola sinistra, responsabili di circa il 20% degli ictus ischemici. In questa popolazione infatti, il rischio di ictus è pari al 5% annuo con incremento progressivo all’aumentare dell’età; oltre ad essere la terza causa di morte al mondo e la prima causa di disabilità, spesso irreversibile.  Per tale motivo questi pazienti sono sottoposti a terapia anticoagulante orale (coumadin o nuovi anticoagulanti orali), che ha la funzione di fluidificare il sangue.

Quali sono i pazienti che possono sottoporsi all’intervento?

I farmaci anticoagulanti, che riducono la formazione di trombi, espongono alcuni pazienti ad un’ inevitabile percentuale di sanguinamenti, che nel 2-3% dei casi possono essere intracranici.

 Pertanto la procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra è indicata:

 - in pazienti con controindicazioni assolute o relative alla terapia con anticoagulanti orali  (storia di emorragia cerebrale, ulcera peptica attiva, recente sanguinamento gastrointestinale, genitourinario o respiratorio, anemia di origine non chiarita, grave insufficienza epatica o renale, grave ipertensione). 

- In condizioni che riducono l’aderenza alla terapia anticoagulante o aumentano il rischio emorragico (demenza, alcolismo, disturbi psichiatrici, tendenza a frequenti cadute).

 La procedura può essere presa in considerazione:

-in pazienti che presentano un ictus nonostante una corretta terapia anticoagulante orale, in pazienti ad alto rischio emorragico ed indicazione alla terapia anticoagulante, con attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio del singolo paziente. 

La procedura NON è indicata nei pazienti che possono assumere la terapia anticoagulante orale.

 

Come funziona la procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra?

La procedura è effettuata nel laboratorio di emodinamica da un’equipe dedicata di medici e infermieri ed è guidata da immagini radiologiche con utilizzo di mezzo di contrasto iodato.  L’intervento viene eseguito in anestesia generale  e coadiuvato dalla concomitante esecuzione di un ecocardiogramma transesofageo allo scopo di guidare il corretto posizionamento del dispositivo, adattandone le dimensioni alla corretta anatomia del paziente. La procedura viene condotta mediante un accesso percutaneo da una vena femorale, attraverso cui vengono introdotti i cateteri e il dispositivo all’interno dell’auricola mediante puntura del setto interatriale (la membrana che separa le due cavità atriali).

A scopo preventivo, verrà inoltre somministrata una terapia antibiotica durante l’intervento.
L’intero procedimento si svolge in regime di ricovero e di solito dura circa 2 ore. La degenza post-operatoria ha una durata, salvo complicanze, di uno-due giorni.

 

Quali sono le possibili complicanze correlate all’intervento?


Le complicanze relative all’intervento sono rare. Nel 2.2% dei casi si può verificare versamento pericardico e tamponamento cardiaco. Sono inoltre decritti rari casi di impossibilità al posizionamento del device.  La dislocazione del dispositivo occorre assai raramente (<0.5%), così come le embolie d’aria delle arterie, l’infarto miocardico per chiusura delle coronarie (in meno del 0,5% dei casi). Raramente possono verificarsi ematomi nel luogo della puntura venosa femorale. Allergie/reazioni avverse ai medicamenti somministrati o al mezzo di contrasto non superano l’1% delle indagini.

 

Qual è il successivo iter diagnostico-terapeutico?

I successivi controlli prevedono una valutazione a mezzo di ecocardiogramma transesofageo  e una successiva visita clinica. Terminata la procedura, tutti i pazienti (salvo controindicazioni specifiche) vengono mantenuti in terapia cronica a mezzo di acido acetilsalicilico e un secondo antiaggregante (clopidogrel) per i primi tre mesi. La terapia può comunque variare in base alle esigenze cliniche del paziente.